Shein: il fenomeno 'fast fashion' che dalla Cina sta conquistando il mondo
Vende solo su Internet ma, di tanto in tanto, apre un pop-up store, capace di riunire folle di persone entusiasmate. È il marchio di fast fashion low cost che, dalla Cina, sta conquistando l'intero pianeta.
Shein, fondata nel 2008, è riuscita a far salire la sua valutazione nel 2022 a 100 miliardi di dollari, secondo il Wall Street Journal.
Si tratta della prima fashion App nella classifica di IG Mobile pubblicata da Forbes nel 2022. Secondo questa classifica, Shein ha una quota di mercato del 50,3%; molto dopo troviamo Vinted (al secondo posto con il 37,9%) e H&M (al terzo posto con 14,9%).
Su Vogue Business hanno dedicato più di un articolo a questo brand, mettendo in evidenza i 16 miliardi di dollari generati in vendite nel corso del 2021, che descrivono come "una performance spettacolare che ha eclissato per molto tempo i calciatori affermati".
Questo colosso è nato nella città cinese di Nanchino (nell'immagine) e ha subito costruito il suo grande centro produttivo a Guangzhou. L'azienda utilizza un sistema che chiama "vendita al dettaglio in tempo reale".
Il successo di Shein si basa su prezzi molto bassi e velocità nell'inseguire le tendenze attraverso algoritmi che tracciano Tik Tok, Instagram, Amazon, ecc.
In Spagna, dove è nato un altro colosso della moda, Zara, la stampa dice chiaramente che Shein minaccia l'imbattibile colosso fondato dall'imprenditore Amancio Ortega. Il quotidiano El País ha assicurato in un articolo che Shein "sta facendo mangiare la polvere a Zara". E ha analizzato un fattore importante: l'efficienza tecnica di Shein.
Immagine: evidenzia l'ID / Unsplash
Mark Greeven, professore di Innovazione presso la IMB business school di Losanna, ha spiegato a El País: “L'algoritmo di Shein è in grado di prevedere le tendenze in dozzine di mercati in tempo reale. Ogni giorno sulla sua piattaforma compaiono prototipi di migliaia di capi e, in base al monitoraggio del comportamento degli utenti, è in grado di prevedere la domanda e il numero di articoli che saranno effettivamente necessari nell'inventario".
E con questi dati, Shein si lancia a produrre modelli su modelli che affascinano il pubblico giovane con enorme velocità.
I vestiti di Shein vengono indossati da molti influencer. Nell'immagine, del 2017, Bianca Derhy indossa una gonna del brand alla Paris Fashion Week e questo è solo un esempio tra i tanti di come Shine introduca i suoi prodotti in ambienti sia popolari che sofisticati.
Poco si sa di come funzioni Shein a livello interno, di come sia esattamente l'azienda o della sua storia. In alcuni articoli si afferma che sia nato come negozio online di abiti da sposa.
Il marchio ha un enorme successo tra il pubblico più giovane e alcune pubblicazioni di tendenza gli hanno già assegnato lo status di top label. Harper's Bazaar ha titolato, riferendosi alla collezione MOFT dell'azienda, "Come Shein sta reinventando il lusso accessibile con un tocco regionale". E, intanto, le feste Shein (come quella nell'immagine, in Messico) non si fermano.
Naturalmente, la polemica su Shein non si è fatta aspettare, soprattutto riguardo al presunto plagio dei disegni. In un articolo sulla rivista britannica Dazed, specializzata in moda e tendenze, hanno parlato di un vero e proprio "furto alla luce del giorno" e hanno menzionato cause per plagio contro Shein da parte di aziende come Levi's, Dr. Martens o Ralph Lauren.
L'ispirazione (o la reinterpretazione) dei modelli realizzati dalle grandi aziende è qualcosa di molto comune nella moda a basso prezzo, ma Dazed menziona come anche i piccoli designer indipendenti abbiano accusato Shein di copiarli.
Alle accuse di plagio, ci sono da aggiungere anche le critiche sul fronte dell'ambientalismo, dirette non solo contro Shein, ma contro l'industria della moda in generale. Lo stesso vale per la critica (ricorrente) riguardante il trattamento che i subappaltatori delle grandi aziende di abbigliamento low cost riservano ai loro lavoratori.
Il problema è quasi sempre che l'industria della moda lavora con un modello di subappalto globalizzato in cui, alla fine, non c'è un controllo efficiente delle condizioni di lavoro. Secondo la BBC, un'indagine ha rivelato che alcune fabbriche che rifornivano Shein hanno lavorato fino a 75 ore a settimana.
Queste controversie non riguardano solo Shein. Altri marchi le hanno subite e hanno corretto (o almeno così affermano) pratiche lavorative e ambientali abusive. Infatti, nell'ultimo round di investimento di Shein (quello che l'ha portata a una valutazione di 100 miliardi di dollari) uno degli obiettivi era investire nella tecnologia di cattura diretta dell'aria per combattere l'inquinamento.
Già nel 2021 la rivista Forbes si chiedeva se Shein fosse pronta a fare il salto dal puro e-commerce all'apertura di negozi fisici permanenti (e non solo 'pop up store'). Sarebbe in competizione con Zara, H&M, Primark e altri grandi marchi della moda low cost.
Inaugurazioni come quella di questo negozio effimero di Madrid ci danno un'idea di come sarebbe un negozio Shein. Ma passare da e-commerce a catena di negozi è un procedimento complesso. E forse l'algoritmo che sta decretando il successo di Shein non funzionerebbe allo stesso modo nel territorio della vendita tradizionale.
Ma ci aspettiamo che Chris Xu, fondatore di Shein, nato negli Stati Uniti e formatosi all'Università di Washington, sappia trarre il meglio dalla combinazione della mentalità imprenditoriale americana e il metodico modo di lavorare cinese e tirare fuori un asso dalla manica che permetta che il "fenomeno Shein" non sia solo passeggero. Staremo a vedere.
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