Da Voyager a 'Beacon in the Galaxy': i nostri "messaggi nella bottiglia" destinati a possibili extraterrestri
Una delle domande che l'uomo moderno si pone in modo ricorrente riguarda la possibilità dell'esistenza di altre vite intelligenti al di fuori del nostro pianeta.
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Il paradosso di Fermi, attribuito al fisico Enrico Fermi, ci parla proprio di questo: "Dato l'enorme numero di stelle nell'universo osservabile, è naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute siano apparse durante la vita dell'universo.
Da tale considerazione nasce la domanda: «Se l'Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove si trovano tutte?» oppure: «Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove, come trasmissioni radio, sonde o navi spaziali?»"
Finora, infatti, sembra che non abbiamo ancora ricevuto prove dell'esistenza di civiltà aliene, ma da circa 50 anni gli esseri umani cercano di stabilire dei contatti o, quantomeno, inviare messaggi attraverso il cosmo proprio per lasciare una traccia della nostra esistenza.
L'ultimo "messaggio nella bottiglia" che gli umani hanno deciso di inviare all'universo si chiama 'Beacon in the Galaxy' e che probabilmente sarà inviato nel 2023 dal più grande telescopio del mondo, situato in Cina. Si tratta di un messaggio sviluppato in codice binario da trasmettere nella nostra galassia, la Via Lattea.
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All'interno del messaggio sono inclusi concetti matematici e fisici, in modo da stabilire un mezzo di comunicazione per trasmettere informazioni a vite intelligenti extraterrestri. Inoltre, verranno inserite immagini digitalizzate degli esseri umani, insieme a un invito a rispondere a tutte le civiltà aliene che lo riceveranno.
'Beacon in the Galaxy' non è il primo messaggio che la razza umana ha deciso di inviare attraverso il cosmo. Negli anni '70 infatti sono stati diversi i progetti attraverso i quali si è cercato di stabilire un contatto con vite aliene.
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Nel 1974 infatti venne inviato il nostro primo messaggio alle stelle attraverso il radiotelescopio di Arecibo verso l'ammasso globulare M13 ( lontano circa 25 000 anni luce) all'interno del quale vennero inclusi figure stilizzate, immagine dello stesso telescopio oltre a formule chimiche.
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Le prime sonde spaziali a essere inviate con lo stesso scopo di stabilire alcun contatto con viete extraterrestre sono state le Pioneer 10 e Pioneer 11 nel 1972 e successivamente le sonde Voyager 1 e Voyager 2 nel 1977.
Sulle Pioneer c'erano delle placche con sopra raffigurati un uomo e una donna senza vestiti e a figura intera e la posizione del sole rispetto al centro della galassia.
Sulle sonde spaziali del programma Voyager, invece, venne inserito il Voyager Golden Record, un disco per grammofono dentro al quale erano contenuti ogni sorta di suoni, immagini e altre prove della nostra civilità.
Queste sonde sono molto piccole se le consideriamo nell'immenso contesto dell'universo, per cui la probabilità che vengano trovate da un'altra civiltà sarebbe alquanto bassa.
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Lo stesso Carl Sagan, che ha guidato questo progetto, ha dichiarato: "le sonde spaziali e le registrazioni saranno trovate solo se ci sono altre civiltà in grado di viaggiare nello spazio interstellare. Ma il rilascio di questa bottiglia nell'oceano cosmico è una promettente speranza per la vita di questo pianeta".
In quest'ottica, i dischi d'oro contenuti nelle sonde Voyager 1 e 2 possono considerarsi più una capsula del tempo che un vero tentativo di stabilire un contatto. Magari verranno trovate tra migliaia di anni come prova della nostra esistenza passata.
Foto: Wikipedia
Tra tutti i messaggi inviati nello spazio quelli contenuti nei dischi d'oro delle sonde Voyager 1 e 2 sono senza dubbio i più affascinanati. Tutti i materiali inclusi vogliono raccontare e descrivere un po' come sia il nostro mondo. Vediamo qualche esempio.
Foto: Wikipedia
All'interno dei Golden Record sono cotenuti saluti in 56 lingue diverse che vanno dall'inglese, francese e italiano al quechua, urdu e accadico.
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Altro materiale molto affascinante contenuto all'interno delle sonde Voyager 1 e 2 sono i suoni della terra, ovvero una sezione di circa 90 minuti di musica appartenenti alle diverse culture presenti sul nostro pianeta. Tra queste ricordiamo Sinfonia no. 5, I. Allegro con brio di Beethoven, Gavotte en rondeaux dalla Partita No. 3 in Mi maggiore per violino di Bach o Melancholy Blues di Louis Armstrong and his Hot Seven.
Carl Sagan cercò di far inserire anche 'Here Comes the Sun' dall'album Abbey Road dei Beatles. Sebbene la band fosse d'accordo, la loro casa discografica, la EMI, si rifiutò e la canzone restò fuori dai Golden Records.
All'interno del Voyager Golden Record è inclusa anche una collezione di 116 fotografie che descrivono la vita sul nostro pianeta come anche alcuni dettagli del nostro sistema solare e di paesaggi.
Tra le 116 foto incluse nelle sonde spaziali Voyager 1 e 2 abbiamo una donna al supermercato, persone che mangiano, un'immagine ravvicinata di Giove sulla quale è indicato anche il suo diametro.
Foto: Wikipedia
Ancora è possibile vedere foto di alcuni trattati di fisica, come quello di Isaac Newton Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica Volume 3, De mundi systemate (nella foto).
Foto: Wikipedia
Insomma, dalle sonde spaziali Voayger all'ultimo messaggio 'Beacon in the Galaxy', l'obiettivo resta sempre lo stesso: lasciare una traccia perché, in un lontanissimo futuro, possibili vite extraterrestri possano conoscere la nostra storia e rendere la razza umana in qualche modo immortale.
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